Saturday 24 April 2010

Wednesday 21 April 2010

La letteratura


La letteratura, a causa della sua riprovevole autoreferenzialità, mentre pensa di poter parlare del mondo, non fa altro che parlare di se stessa. Il metodo per poter dire qualcosa di nuovo e utile sul mondo è stato scoperto, si chiama ipotetico-empirico. L'autoreferenzialità della letteratura è fatto ben noto, ma ciò non toglie che per lo più regni incostratata l'inconsapevolezza delle demoralizzanti conseguenze euristiche di ciò. Se gli autori e i lettori sapessero che si stanno occupando in gran parte di intrattentimento non ci sarebbe nulla di male nella letteratura: c'è chi gioca alla playstation, chi va al cinema, chi legge romanzi e poemi, chi fa tutte queste, e altre, cose. E' il pensare di avere una patente per interpretare ciò che è, che rende la situazione disdicevole. La conseguenza più notevole è forse l'eccesso di tempo dedicato nelle scuole alle belle lettere. Esse, a mio avviso, sono mere interpretazioni personali (operate da persone ben dotate nell'area di Broca) della sovrastruttura della sovrastruttura.
Concretamente: mi chiedo, ad esempio, se ci sia un valore formativo nella trasmissione del seguente pensiero del sommo poeta italiano: gli Ebrei uccisero Dio e fecero molto male; i Romani uccisero la natura umana di Gesù e fecero molto bene, perché, solo essendo morto, Gesù poteva risorgere. Ma dai... C'è bisogno di leggere a 16 anni migliaia di versi scritti in un linguaggio quasi incomprensibile per capire che nel Medio Evo c'erano credenze bizzarre?
Un'obiezione sensata a questo pensiero potrebbe essere avanzata sostenendo che il valore formativo degli auctores è relativo anche alla possibilità di acquisire un linguaggio ricco da parte dei lettori; linguaggio che, in qualche caso, può mostrare una, seppure sicuramente molto limitata, utilità.
O no?

Thursday 15 April 2010

Razzismo


L'antropologo statunitense Carleton Coon, negli anni Sessanta del Novecento, pubblicò due libri che esercitarono una grande influenza. In essi sostiene la teoria secondo la quale esistono cinque sottospecie umane distinte che si sarebbero evolute da forme ancestrali, separatamente, nei vari continenti. Egli afferma che il dominio degli europei è una naturale conseguenza della superiorità genetica dovuta alla loro evoluzione. Le cinque sottospecie umane sarebbero:
australoide,
capoide,
caucasoide,
congoide,
mongoloide.
In realtà l'unico mongoloide era lui.
Una spiegazione credibile del dominio europeo sul mondo si trova invece nel mai troppo citato Armi, acciaio e malattie di Jared Diamond. La sua teoria, a differenza di quella di Coon, è in accordo con i dati empirici. Direi che non c'è bisogno di altro per accogliere l'idea di Diamond e rigettare quella di Coon; sempre considerando che anche le buone teorie, in molte discipline, tra le quali sicuramente la storia umana, possono essere superate.

Cfr. Wells 2006, 26

Thursday 8 April 2010

Teologia infantile


Dio è un supereroe; o per lo meno ha la medesima condizione ontologica (da un'idea di mio nipote, 4 anni).

Tuesday 6 April 2010

Tamquam semper amaturi amatis (dedicato a chi ama)


Tra le sentenze senecane mi piace ricordare questa: “Tamquam semper victuri vivitis”; l’autore biasima coloro i quali, distratti da futili occupazioni politiche, sentimentali o ludiche, rimandano continuamente il momento di occuparsi del miglioramento di sé, tramite l’approfondimento filosofico. Consento. I moderni studiosi dell’uomo, tuttavia, scorgono, altrettanto correttamente, un aspetto positivo nel non pensare di dover morire; per sintetizzare l’argomentazione: “se gli esseri umani vivessero pensando continuamente che moriranno, sarebbero sempre irrimediabilmente depressi”.

Propongo un pensiero analogo concernente l’amore: “Tamquam semper amaturi amatis”. A differenza del pensiero di cui sopra, in cui ci sono un aspetto negativo e uno positivo, in questo caso c’è solo il lato positivo. Non sarebbe vero amore quello vissuto pensando: “finirà”. La lucidità statistica che si può avere nel riconoscere che i sentimenti si evolvono, cambiano, eventualmente si indeboliscono, unita alla teoria ben difficilmente oppugnabile della monogamia imperfetta, frutto dell’evoluzione, non intaccano la potenza con la quale si possono vivere le emozioni, senza preclusioni e senza ragionamenti. Vivere e studiare la vita sono due cose diverse.

Per di più è anche possibile che l’amore non finisca (o meglio: che finisca con la vita). Se malauguratamente dovesse succedere, se ne esce certo con dolore, ma poi si diventa più forti e si resta con la consapevolezza di aver vissuto veramente, di non aver buttato via il tempo; e qui bisogna proprio dissentire da Seneca: la vita da innamorati regala un sapore che null’altro al mondo può dare; anche se non so com’è vincere una rivoluzione!